F.A.Q.

Per qualsiasi domanda o richiesta d'informazione, potete contattarmi tramite il form del sito o tramite messaggio Whatsapp. 
Di seguito potete trovare risposta alle domande che più frequentemente mi vengono poste rispetto ai singoli servizi.

CONSULENZA PSICOLOGICA E PSICOTERAPIA

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 Come funziona un percorso psicologico/ di psicoterapia? 

Ogni percorso è a sè, così come ogni persona è unica ed esprime bisogni specifici. Tuttavia, generalmente il percorso inizia con una fase di valutazione a assessmente, solitamente della durata di circa 3 colloqui, nella quale viene dato ascolto alle difficoltà che la persona porta e si cerca di collocarle all'interno del contesto di vita della persona attraverso la raccolta anamnestica, quindi la storia personale e familiare della persona stessa. Al termine di questa prima fase, che serve anche alla persona stessa per chiarire i motivi che la spingono a richiedere un supporto e a comprendere se il professionista scelto può essere quello più adatto ad accompagnarlo, si giunge a definire gli obiettivi specifici del lavoro psicologico, sia esso più supportivo e/o espressivo.


Quanto dura un percorso psicologico/ di psicoterapia?

Questa è una domanda alla quale trovare una risposta certa è molto difficile, se non impossibile. Come era solito rispondere Freud alla domanda sulla durata del percorso terapeutico, "bisogna imparare a conoscere il passo del viandante prima di poter calcolare la durata del suo cammino". Un percorso di psicoterapia psicoanalitica ha una durata variabile e indefinibile perchè rappresenta un processo di libera espressione e scoperta di sè, ma può ovviamente essere interrotto in qualsiasi momento se la persona lo desidera. Diverso è il caso del percorso supportivo, il quale può essere organizzato partendo da obiettivi più specifici e circoscritti e la cui durata può essere stabilita all'inizio del percorso.

Quanto costa un percorso di supporto psicologico / psicoterapia?

Anche in questo caso dipende dal tipo di percorso e dai bisogni della singola persona. Il colloquio di consulenza costa 70 euro. Se hai la possibilità di usufruire del bonus psicologo, puoi utilizzarlo presso il mio studio che ha aderito al progetto.

CONSULENZA IN PSICOLOGICA GIURIDICA

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 Chi è il Consulente Tecnico di parte (CTP) e come opera?

Il consulente tecnico di parte (CTP) è un professionista, in questo caso psicologo, individuato da una delle parti in causa di un procedimento giudiziario, con l'obiettivo di affiancare il ruolo del CTU, cioè il consulente tecnico d'ufficio nominato dal Giudice, e monitorarne l'operato.
 Se il compito del CTU è quello di rispondere ai quesiti tecnici posti dal Giudice prestando allo stesso la propria opera di consulenza, il CTP offre la propria consulenza alla parte in causa che ritiene di voler aggiungere un ulteriore parere a quello espresso dal CTU.
Il CTP ha quindi un ruolo molto importante poichè, in virtù delle proprie conoscenze tecniche, tutela l'interesse della parte che l'ha nominato.

Il consulente tecnico di  parte può operare anche in una fase precedente all'inizio di un procedimento giudiziario, spesso con l'obiettivo di evitarlo, attraverso una Consulenza Tecnica Stragiudiziale (o perizia extragiudiziale), cioè una relazione scritta per valutare la situazione specifica dal punto di vista del consulente tecnico. Uno degli ambiti in cui più frequentemente si rende necessaria una Consulenza tecnica stragiudiziale è quella relativa al danno biologico di natura psichica.

Cos'è il danno biologico di natura psichica?

Il danno psichico è un danno alla salute, inteso quale "menomazione psichica in conseguenza a fatto illecito di terzi, consistente nella turbativa dell'equilibrio mentale determinante una modificazione della salute psichica, con alterazioni, temporanee o permanenti, delle funzioni psichiche". 

 

Il soggetto che ha subito un danno psichico dovrà  produrre in giudizio la documentazione medica dalla quale si evincono gli accertamenti, le diagnosi, le cure, le prescrizioni e tutto quanto
necessario a seguito dell’evento pregiudizievole e delle conseguenze che ne sono derivate.
Dovrà, pertanto, produrre una perizia medico-legale che certifichi, in base a criteri oggettivi, l’esistenza del danno psichico lamentato e il nesso di causa con l’evento dannoso. 

Ai fini di un completo accertamento del danno non patrimoniale è necessaria un’indagine diagnostica valutativa a carattere specialistico psicologico forense e, soltanto in caso di accertata patologia psichica, anche psichiatrico forense.
Il medico legale e lo psichiatra forense infatti, sono competenti per l’accertamento a carattere clinico medico e non psicologico del danno alla persona.
Di contro, lo psicologo forense riveste un ruolo professionale più idoneo alla valutazione del danno psichico e da pregiudizio esistenziale, avendo fra le sue competenze anche la possibilità di effettuare diagnosi con strumenti di indagine, quali il colloquio clinico e i test appropriati, ai fini dell’accertamento e della valutazione del danno (Linee Guida per l’accertamento e la valutazione del danno psichico e da pregiudizio esistenziale – Delibera del 30.11.2009, Consiglio dell’Ordine degli Psicologi del Lazio). 

La persona che intende chiedere un risarcimento per danno biologico di natura psichica può aver bisogno di:
–          Parere stragiudiziale se deve presentare una documentazione sulla base della quale chiedere un risarcimento
–          Consulenza Tecnica di Parte qualora essendo già in atto il procedimento per la richiesta del risarcimento il Giudice decisa di nominare un CTU (consulente tecnico di Ufficio) 


Le prinicipali tipologie di danno psichico riconosciute sono:
Danno da lutto
Danno da mobbing
Danno da menomazione fisica
Danno estetico
Danno alla sfera sessuale
Danno da nascita indesiderata
Danno da wrongful life
Danno da menomazione della capacità visiva
Danno da colpa professionale
Danno da gaslhiting
Danno dei congiunti
Danno da carcerazione ingiusta
Danno da handicap 


PERCORSO AFFERMATIVO DI GENERE

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 Cosa s'intende per percorso affermativo di genere?

Per percorso affermativo di genere, o percorso di transizione di genere, s'intende un processo di esplorazione della propria identità sessuale e di adeguamento della propria immagine corporea alla personale identità di genere, che la persona percepisce come incongruente rispetto al genere che gli è stato assegnato alla nascita. Il primo passo di un percorso di transizione coincide con il percorso psicologico (valutazione, assessment ed eventuale psicoterapia) attraverso il quale la persona ottiene il nulla osta all'inizio del percorso di transizione medicalizzato (terapia ormonale sostitutiva femminilizzante o mascolinizzante, interventi estetici e/o chirurgici). Il professionista psicologo psicoterapeuta accompagna la persona, se essa lo desidera, lungo tutto il percorso di adeguamento di genere, dalla fase di esplorazione alla richiesta di rettifica anagrafica in Tribunale.



Quanto dura il percorso di affermazione di genere?

Anche in questo caso, rispondere con precisione a questa domanda non è possibile perchè la risposta dipende dai bisogni specifici della persona. Ciascun percorso di transizione è come un abito di sartoria: cucito a perfezione sulle esigenze di chi lo veste. Alcune persone hanno bisogno di più tempo per comprendere al meglio i propri bisogni, altre ne sono consapevoli fin da subito. In tutti i casi però, è necessario approfondire la tematica di genere e affrontareuna serie di passaggi, anche concreti, che necessitano di un tempo variabile. A differenza di quello che si pensa, però, la psicoterapia non rappresenta un passaggio obbligatorio per accedere al percorso medicalizzato, ma è solo consigliato, a meno che non se ne evidenzi il bisogno (ma anche in questo caso non è un percorso che può essere imposto alla persona). 
Nei più recenti protocolli di presa in carico delle persone transgender e transessuali, inoltre, non viene prevista una durata minima del percorso psicologico (che per il protocollo Onig era fissata a 6 mesi). Tuttavia, il percorso di transizione, per essere vissuto in maniera serena e portare a profondi benefici in termini psicologici, necessita di pazienza e di molta calma nell'affrontare tutti i passaggi necessari, quindi è bene darsi e dare tempo.

Come funziona il percorso di transizione di genere per le persone non binarie?

Per identità di genere non binarie si intendono tutte quelle identità di genere che non ricadono nelle categorie tipicamente adottate dalla cultura occidentale,, che vede il genere rigidamente diviso tra due distinte polarità (uomo e donna). Il genere viene quindi considerato un continuum ai cui due poli si collocano le persone che si riconoscono in un genere esclusivamente maschile o femminile, ma dove ciascun individuo può collocarsi in un qualsiasi punto di questa linea immaginaria.
Anche le persone non binarie possono sentire il bisogno di adeguare il proprio corpo alla propria identità di genere, anche se di solito necessitano di un minor numero di interventi medici (terapia ormonale sostitutiva, interventi estetici e chirurgici). L'ultima versione del protocollo WPATH (Standard of Care 8), delinea con maggior attenzione rispetto alle versioni precedenti le linee guida per la presa in carico delle persone non binarie.

Cosa vuol dire detransizionare? Quante persone detransizionano?

Con l'espressione "detransizione" si fa riferimento al processo inverso a quello di transizione, indicando cioè la decisione di tornare a far parte del genere assegnato alla nascita dopo aver intrapreso un percorso di transizione (solitamente anche medicalizzato). E' necessario però declinare tale concetto attraverso l'appartenenza a due gruppi di persone distinti: i DETRANSITIONER e i DESISTER. 
Il primo gruppo, quello dei detransitioner, fa riferimento a quelle persone che, una volta intrapreso il percorso di transizione, si sono pentite della loro decisione e hanno maturato una consapevolezza diversa, attribuendo al proprio disagio un significato diverso da quello legato alla mancata identificazione con il genere assegnato alla nascita; possiamo definire come desister, invece, quegli individui che, pur continuando a identificarsi con un genere diverso da quello assegnato alla nascita  e riconoscendo i vissuti disforici che ne derivano, decidono di abbandonare il percorso affermativo di genere e di tornare a socializzare come membri del genere assegnato alla nascita. Tale decisione, molto difficile e dolorosa, solitamente deriva dalla progressiva consapevolezza di non poter cambiare il proprio sesso biologico e di non poter convivere con le caratteristiche fenotipiche non modificabili, oppure dal peso dello stigma che colpisce le persone transessuali. Molto spesso i desister non hanno affrontato un percorso psicologico adeguato prima di approcciarsi al percorso di transizione medicalizzato e non hanno avuto modo di sviluppare determinate consapevolezze e accettare i limiti del percorso di transizione stesso. 
I tassi di detransizione risultano essere piuttosto bassi e vanno dall' 1 all' 8%, a seconda del campione di riferimento e acosa si intente per de-transizione. Al momento, purtroppo, mancano studi che possano offrire dati più precisi e affidabili. Nella maggior parte dei casi, la decisione di de-transizionare viene presa nelle prime fasi del percorso medicalizzato, prima, quindi, di sottoporsi a interventi chirurgici o di richiedere la rettifica anagrafica.
E' importante sapere che alcuni degli effetti legati all'assunzione della terapia ormonale sostitutiva risultano essere non reversibili dopo 6 mesi di terapia.